Con la festa “Les Plaisirs de l'Isle Enchantée”, della durata di una settimana, basata sui poemi di Ariosto (il re in persona interpreta colui che libera i compagni appunto dall'isola di Alcina) e Tasso, ma anche con due novità di Molière, tra le quali i primi tre atti dei cinque di Tartufo, Luigi XIV inaugura, ventiseienne, la sua nuova e definitiva reggia di Versailles, a tre anni dall'inizio dei ciclopici lavori di ristrutturazione demandati a Le Vau dopo la morte del cardinale Mazzarino.
Il Re Sole sarebbe stato sicuramente convinto di poter affermare, con l'ode oraziana che certo gli doveva essere ignota: exegi monumentum aere perennius. Ma non avrebbe certo potuto immaginare che, tre secoli dopo, nel 1966, tale gloria sarebbe stata ulteriormente e definitivamente garantita e amplificata da Roberto Rossellini, in combutta con un discendente dello scrittore filofrondista suo contemporaneo François de la Rochefoucauld, Jean-Dominique (1931-2011: sarà ancora a fianco del maestro per Atti degli Apostoli, Socrate, Agostino d'Ippona e Pascal tra il '69 e il '72), uno dei più perfetti film della storia del cinema.
E La presa del potere da parte di Luigi XIV si conclude, non va dimenticato, con una delle auree Massime proprio del Rochefoucauld antenato. Il giovane monarca, una volta deposte le insegne del potere, la legge - più o meno verosimilmente - meditandola in solitudine: «Il sole e la morte non si possono guardare fissamente».