L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Il cinema in Museo

Viene inaugurato ufficialmente, in Potsdamer Platz, il Filmhaus di Berlino, un nuovo museo del cinema – diretto da Hans Prinzler e articolato su 1500 metri quadrati in 17 sale – che autocelebra (al costo di 6,5 milioni di marchi) la produzione Made in Germany, dai fratelli Skladanowsky a Il gabinetto del dottor Caligari, dalla Repubblica di Weimar a Babelsberg, da Metropolis a Marlene Dietrich, da Leni Riefenstahl a Romy Schneider, da Wim Wenders a – un po' a sorpresa – Lola corre (1998, di Tom Tykver). È comunque un'altra Lola, ovvero Marlene, ad avere, dopo tanti ostracismi, la meglio in quanto a riconoscimenti e spazi. Anche perché l'istituzione berlinese ha rilevato dalle mani di Maria Riva, figlia della Dietrich, per 5 milioni di dollari (cifra più consistente dell'intero allestimento, affidato ad Hans Dieter Schaal e molto allineato alle attuali e confuse tendenze spettacolari della museologia) il lascito della diva: 3000 vestiti, 10.000 foto e 350.000 (sic) lettere, molte delle quali - si dice con orgoglio - di genere “piccante”.

Il Filmhaus racchiude il cinema d’arte e d’essai Arsenal, una scuola di cinema e appunto il museo del cinema, e vi si svolge il Berliner Filmfest. Nel Filmmuseum si intraprende un vero e proprio viaggio alla scoperta dei primi effetti speciali inventati dagli espressionisti tedeschi e dei segreti dei primi grandi classici tedeschi come Nosferatu, Il gabinetto del Dott. Caligari e L’Angelo azzurro. Proseguendo il percorso si arriva al cinema durante il periodo nazista e a quello del dopoguerra: da Sissi alla serie televisiva Derrick, passando per L’onore perduto di Caterina Blum, Il tamburo di latta e La tempesta perfetta. Non mancano una mostra dedicata al film di propaganda nazista Olympia di Leni Riefenstahl e mostre dedicate alla storia dei film tedeschi: dal cinema durante il regime nazista al cinema del dopoguerra, dalle testimonianze degli attori e dei registi costretti ad emigrare al successo delle star sia della Germania dell’Ovest che dell’Est. Nel bene e nel male si rivive un passato che vive nel presente.

Sarà lo stesso per il Museo del cinema inaugurato due mesi prima, nel luglio 2000, all'interno della Mole Antonelliana di Torino, su progetto dell'architetto Gianfranco Gritella e nell'allestimento dell'architetto svizzero François Confino? Chi ricorda il piccolo modesto museo allestito negli anni '50 da Maria Adriana Prolo in poche sale di Palazzo Chiablese, con quel suo sapere di nostalgico antico, non può che rimpiangerlo. Qui (volendo, come si dichiara, non essere un museo nel senso tradizionale dl termine) si è data la precedenza all'enfasi barocca (facilitata dalla stravaganza del luogo), a una sorta di museo delle cere, a una presentazione spettacolare da luna-park «che investe il visitatore di continui e inattesi stimoli visivi e uditivi, proprio come capita quando si assiste alla proiezione di un film capace di coinvolgere ed emozionare. Il Museo è più di un museo e chi vi entra non è solo un visitatore, ma anche un esploratore, un autore, un attore, uno spettatore? a cui il Museo regalerà l’emozione di un’esperienza che ci auguriamo non facilmente dimenticabile». Venghino, signori, venghino! E chi vuole conoscere la storia del cinema italiano si rivolga altrove.

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