Se ci sono giorni funesti, questo è uno di quelli. Una morte purtroppo annunciata e una morte del tutto inattesa. Due amici, con i quali proprio in quegli ultimi tempi i rapporti si erano intensificati – quasi per premonizione – che se ne vanno e ti lasciano più solo. A futura memoria, ecco il ricordo che le Lune cartacee avevano loro dedicato.
Nel 2003 muore a Milano, all'età di 58 anni, dopo lunga malattia, Alberto Farassino, nato a Caluso (Torino) l'1 agosto 1944. Docente di cinema alla Cattolica di Milano, a Genova, a Trieste e infine a Pavia, animatore di due cineclub (il Club Nuovo Teatro, con Franco Quadri, e il Cineclub Brera, con Tatti Sanguineti), direttore di piccoli ma vivaci festival (Rimini e Cattolica), collaboratore (e anche, per un lungo periodo, critico cinematografico) de la Repubblica dalla fondazione (1976), lascia una gran mole di pubblicazioni, dalle monografie sul prediletto Jean-Luc Godard, continuamente rivisitato, o su Luis Buñuel o su Giuseppe De Santis agli studi sul neorealismo, su Mario Camerini e sulla Lux di Ponti e De Laurentiis, sino al libro più recente: Fuori di set. Viaggi, esplorazioni, emigrazioni, nomadismi (Bulzoni, 2002) che ben testimonia la molteplicità dei suoi interessi. Assai notevoli le sue doti di organizzatore e di progettatore, esplicate in tutti i campi in cui ha operato. Gentile quanto tenace, discreto quanto sicuro, amichevole quanto battagliero, operativo e progettuale sino alla fine, il ricordo di lui non può essere disgiunto dalla grande forza d'animo che ha contrassegnato il suo ultimo anno di vita.
Nel 2006 muore a Milano, all'età di 41 anni, per infarto, Ezio Alberione, nato a Chiusa di Pessio (Cuneo) il 13 marzo 1965. Persona squisita e gentile quanto acuta e profonda, un piemontese ben radicatosi a Milano, sin dai tempi dell'Università Cattolica, ove si laurea con Sisto Della Palma, con una bellissima tesi su Gli aspetti teatrali della Divina Commedia (che gli amici vorrebbero veder pubblicata), ha nel suo Dna le doti dell'organizzatore, sia nell'ambito del Centro Culturale San Fedele, che porta a primeggiare tra i cineforum milanesi, sia come direttore responsabile (dal gennaio 2005, ma ben è attivo anche da prima) del mensile Duellanti, diretto da Gianni Canova, ove riesce a contemperare persone di formazione, orientamento e – non meno importante – età diverse. Ma è anche critico maturo e attento saggista sugli autori amati (Spielberg, Truffaut, Kubrick). Tra i suoi libri il singolare I preti del cinema: tra vocazione e provocazione (Ipl, 1995, con Dario Viganò) e l'utilissimo Di cosa parliamo quando parliamo di critica. Riflessioni su critica, cinema e quant'altro (Loggia de' Lanzi, 1997). La sua scomparsa ha dell'incredibile: si sente male durante una proiezione al San Fedele di Münich (2005, proprio del suo amato Spielberg), quando la pellicola stranamente si interrompe e si accende un non previsto faro. Ulteriore beffa: il bel ricordo che di lui traccia Luca Mosso su Repubblica viene accompagnato da una foto non sua (è di Franco Maresco). Del resto, e ne sorridevamo con lui, il risvolto editoriale del secondo libro citato lo dava nato nel 1695. Quindi è eterno.