L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Myrna o l'eterno femminino

«M’ero fatto di Myrna Loy il prototipo di un femminino ideale».

Non è uno qualunque l'autore di questa affermazione, ma Italo Calvino (nella sua Autobiografia di uno spettatore, 1974), uno che sulle dive di Hollywood ha le idee ben chiare: «Il fantasma della passione estenuante e languida verso il quale l'attrazione che provavo era venato da un senso di timore» (Greta Garbo). «Anche la più carnale delle americane di allora, la biondo-platino Jean Harlow, era resa irreale dal biancore irreale della pelle». «Nel bianco-e-nero la forza del bianco operava una trasfigurazione dei visi femminili, delle gambe, delle spalle e scollature, faceva di Marlene Dietrich non l’oggetto immediato del desiderio ma il desiderio stesso come essenza extraterrestre». «Si andava dalla bocca ampia e languida di Joan Crawford a quella sottile e pensosa di Barbara Stanwyck». «Quella immagine di felicità fisica e allegria vitale che era Ginger Rogers»...

Ma Myrna, scomparsa in questo giorno, quasi novantenne, era davvero un prototipo? Non proprio a giudicare dall'immagine che tratteniamo preferibilmente, ma anche pigramente, di lei, già quarantenne: quella della dolce moglie di un reduce di guerra (Fredric March) in I migliori anni della nostra vita (Wyler, 1946). Per averne un'impressione diversa, basta però guardarsela (su Wikipedia), ventenne, in una foto da Across the Pacific (Del Ruth, 1926): un'esotica bellezza pseudotahitiana vestita solo di una spumeggiante capigliatura nera e di un prototipo di bikini. E pensare che fece la sua prima apparizione cinematografica nel ruolo di una femme fatale in What Price Beauty? (Buckingham, 1925) accanto nientemeno che a Rodolfo Valentino.

Un altro “accanto” ne farà la fortuna dopo due o tre decine di film: quello di William Powell con il quale fa coppia in L'uomo ombra (Van Dyke, 1934, dal romanzo di Dashiell Hammett) e nei suoi quattro sequel, sino a Il canto dell'uomo ombra (Buzzell, 1947), nei panni di due coniugi detective amanti della mondanità. La seduttrice e la vamp, dai lineamenti vagamente esotici, di tante pellicole precedenti ha modo di esprimere, insieme all'indiscutibile fascino, brio e ironia, snobismo e volubilità, chiacchiericcio e fulminanti battute.

La coppia funziona anche in altri contesti (La donna del giorno, Conway, 1936; Il paradiso delle fanciulle, Leonard, 1936; Ti amo ancora, Van Dyke, 1940), ma Myrna è anche un'ottima partner di Clark Gable, Spencer Tracy, Cary Grant, come lo sarà nel dopoguerra di Clifton Webb nel ruolo di nuovo rassicurante di Dodici lo chiamano papà (Walter Lang, 1950), moglie prolifica di tale padre, e nel suo seguito Ragazze alla fnestra (Henry Levin, 1952.), vedova dello stesso ma solo nella finzione. La rivedremo ancora con Paul Newman (Dalla terrazza, Robson, 1960), con Jack Lemmon (Sento che mi sta succedendo qualcosa, Rosenberg, 1969) o tra le vecchie glorie, Gloria Swanson compresa, di Airport '75 (Smight, 1975).

Nel 1991 finalmente l'Academy si accorge di lei e le conferisce l'Oscar alla carriera. Ma Calvino non fa in tempo a godersi l'evento.