La storia del cinema si fa anche con i paradossi.
Sarebbero esistiti – nella forma che conosciamo – Marlon Brando, James Dean, Paul Newman e Montgomery Clift se non li avesse preceduti il nato di questo giorno: Jakob Julius Garfinkle, in arte John Garfield? Con buona pace dell'Actors Studio, fondato da Kazan e altri solo nel 1947, quando Garfield era già attivo in teatro dal 1932 e in cinema dal 1938. C'era stata sì l'esperienza stanislavskiana del Theatre Group, ove aveva buona parte lo stesso Kazan, ma si può sostenere che era stato il suo istinto di attore, mostrato sin dalla difficile infanzia e dalla tormentata adolescenza, ad aver ragione sulla sua formazione e sul suo inconfondibile stile, e ad aprire la strada a quei nomi e a quei miti.
Sullo schermo il successo lo coglie sin dall'esordio (Quattro figlie, appunto 1938, di Michael Curtiz) ma la Warner, che lo pone sotto contratto settennale, gli impone soltanto soggetti che contemplano uno stereotipo di personaggio ribelle, di gangster tormentato, di vagabondo sfortunato. Verrà però tramandato ai posteri, una volta abbandonata la Warner e prima di rendersi indipendente con una propria casa, la Enterprise, come protagonista, accanto a Lana Turner, di Il postino suona sempre due volte, terzo remake su quattro – e il più scandaloso – dal romanzo di James Cain.
Dirà: «Ho risparmiato ogni penny guadagnato ed ora posso finalmente girare i film che voglio io», e mantiene la promessa. Anima e corpo (Rossen, 1947), Barriera invisibile (Kazan, 1947), Le forze del male (Polonsky, 1948), Stanotte sorgerà il sole (Huston, 1948), La sua donna (Negulesco, 1950), Golfo del Messico (Curtiz, 1950), Ho sposato un fuorilegge (Berry, 1951) costituiscono un corpus inimitabile, non solo perché espressione omogenea della sua personalità ma anche in quanto la Enterprise riunisce registi, sceneggiatori e attori di idee progressiste, impegnati di comune accordo a realizzare film socialmente impegnati.
Garfield, con Anima e corpo, si toglie anche la soddisfazione di impersonare per la prima volta sullo schermo un ebreo, dato che la Warner lo aveva sempre obbligato a interpretare ruoli di italiano o di messicano; rivendicazione di identità resa ancora più esplicita con Barriera invisibile, uno dei pochissimi film statunitensi che affronti il problema dell'antisemitismo.
Quanto basta, unitamente alla vecchia partecipazione al Group Theatre – i cui componenti erano quasi tutti di idee politiche orientate a sinistra e la scelta dei lavori da interpretare cadeva spesso su pièces che trattavano temi di critica sociale – , perché nel 1951 la Huac (Commissione per le attività antiamericane) lo convochi: il suo netto rifiuto di collaborare lo fa cadere in disgrazia e significa da subito la fine della sua carriera cinematografica. Tormentato dai sospetti, alla ricerca di prove che lo scagionassero, colto dallo sconforto, giunge ad allontanarsi da casa rendendosi irreperibile. Il suo corpo viene ritrovato il 21 maggio 1952 nell'appartamento di un'attricetta, morto per infarto dopo aver bevuto molto alcool. Ha soli 39 anni.