L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Un grande naïf

Inimmaginabile, per un regista così naïf anche se di una bella cultura autodidatta, lo stuolo di attori che è riuscito a coinvolgere nei suoi film: in ordine sparso Laurent Terzieff, Gigi Proietti, Catherine Deneuve, Ugo Tognazzi, Judy Foster, Michele Placido, Mariangela Melato, Sergio Rubini, Malcolm McDowell, Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Roberto Benigni, Silvio Orlando, Fiorello, Claudio Amendola. Uno che avrebbe anche potuto esserci, l'insospettabile Carlo Verdone, ben sintetizza al momento della scomparsa, l'11 ottobre 2005: «Era un artista proletario e sensibile. Ed è stato il Virgilio di Pasolini».

Così ricordiamo anche noi, in occasione del suo genetliaco, Sergio Citti, colui che Pier Paolo Pasolini, con cui inizia a collaborare negli anni '50, ai tempi dei romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, stabilendo un lungo sodalizio, definì «il mio vivente lessico romanesco».

È lo stesso Pasolini a introdurre nel cinema questo sottoproletario romano (come l'inseparabile fratello Franco, il protagonista di Accattone) che collabora con Mauro Bolognini (La notte brava e Una giornata balorda), Franco Rossi (Morte di un amico), Federico Fellini (Le notti di Cabiria), Bernardo Bertolucci (La commare secca) e soprattutto con lui, da Accattone a Salò (cosceneggiato, incredibile a dirsi, con Pupi Avati, ma entrambi non sono accreditati).

Nel 1970 avviene il suo esordio nella regia con Ostia, su soggetto e sceneggiatura di Pasolini, cui seguono, sempre nella poetica di costui, Storie scellerate (1973), e poi, ormai orfano del vate, lo splendido Casotto (1977), Due pezzi di pane (1978), Il minestrone (1980), il televisivo Sogni e bisogni (1985), Mortacci (1988), il bellissimo I magi randagi (1996, dal progetto Porno-Teo-Kolossal di Pasolini), e i più travagliati Cartoni animati (1998, coregia del fratello Franco), Vipera (2001), Fratella e sorello (2004).

Le sue sceneggiature devono più di qualcosa a David Grieco e a Vincenzo Cerami, ma recano sempre la sua personalissima impronta. «Ha interpretato gli umori della gente semplice, degli ultimi, dei disagiati» avrebbe commentato Fausto Bertinotti. Ma questa è un'altra storia.