All'Opéra di Parigi, prima assoluta del balletto Bolero in do maggiore di Maurice Ravel, su commissione di Ida Rubinstein, che lo interpreta.
Questi straordinari quindici minuti di musica apparentemente facili e comunque, nel loro rigore, capace di affermarsi come pochi altri brani sinfonici nel tempo, sarebbero stati infatti strautilizzati anche dal cinema attraverso i decenni. Le sue note, per limitarsi solo ai titoli più noti e divulgati, si affacciano in qualche modo e misura in Roma di Fellini (1972) e in Allegro non troppo di Bozzetto (1977), in 10 di Blake Edwards (1979) e in Stalker di Tarkovskij (1982), in Bolero Extasy di John Derek (1984) e ne Le batteur de boléro di Patrick Leconte (1992), in Femme fatale di De Palma (2002) e in Basic di McTiernan (2003), e financo in Tu la conosci Claudia? di Massimo Venier (2004) o nell'infinita saga dei Digimon di Akiyoshi Hongo (dal 1999). Oltre che, naturalmente, in misura estesa fino al titolo stesso, nei Bolero di Wesley Ruggles (1934) e di Claude Lelouch (1981).
In tema di ricorrenze e in particolare di centenari, fra tanti appuntamenti che vanno a buon fine, colpisce la non travolgente risonanza accordata a quello della nascita di Vasco Pratolini. Hanno fatto decisamente il loro dovere (e, si immagina, anche il loro piacere) le istituzioni fiorentine - Università, Gabinetto Viesseux, Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” - con varie manifestazioni importanti.
Una conferenza inaugurale di Goffredo Fofi il 16 ottobre, con la ripresa del classico documentario di Cecilia Mangini Firenze di Pratolini (1956: irraggiungibile per un'eternità, ora riacciuffato in dvd grazie al volume omonimo di Mirko Grasso e Andrea Vannini, Kurumuny, 2008) alla presenza dell'autrice, della quale sono state anche messe in mostra le foto dal set. Una mostra bibliografica dal 17 (e fino al 15 gennaio) comprensiva della biblioteca dello scrittore. Un convegno di tre giorni, dal 17 al 19, con interventi di Spinazzola, Livi, Ferroni, Nozzoli, Memmo, Bacchereti e numerosissime comunicazioni. Occasione introdotta da Sergio Givone, ma nella sua qualità di assessore alla Cultura del Comune di Firenze.
Tra i relatori era previsto anche Carlo Lizzani, ma purtroppo il regista di Cronache di poveri amanti non ha potuto onorare l'appuntamento. In compenso Patrizia Zappa Mulas il 19 (il dies natalis vero e proprio) ha dato pubblica lettura delle pagine della “notte dell'Apocalisse” dal romanzo. E lo stesso giorno, al convegno, mattinata dedicata al rapporto di Pratolini col cinema, con relazioni di Davide Luglio della Sorbona, Claudio Carabba, dello stesso Vannini e di Maria Carla Papini, e comunicazioni di Vito Santoro, Antonio Rosario Daniele, Teresa Spagnoli, Nicola Turi e Laura Piazza.
Singolare sordina, se paragonata ad altri centenari (si pensi alla giustamente risonantissima triade Rossellini-Soldati-Visconti nel 2006) di artisti di analogo peso e valore. Pratolini è stato non soltanto un grande scrittore (fatalmente “fuori moda”, ma verrebbe quasi da dire: per sua fortuna, in questa fase mortificante di falso ripudio dell'”ideologia”) ma anche, dopo Moravia, il narratore italiano del Novecento più trasposto sullo schermo. Oltre al già citato Lizzani (sessantesimo della realizzazione), Le ragazze di San Frediano di Zurlini e il racconto Mara in Tempi nostri – Zibaldone n. 2 di Blasetti ('54); Un eroe del nostro tempo di Sergio Capogna ('59: ma l'autore si era già diplomato al Centro Sperimentale cinque anni prima col mediometraggio Roma '38 e avrebbe concluso la carriera nel '71 col Diario di un italiano); Cronaca familiare, ancora di Zurlini ('62: Leone d'Oro a Venezia ex-aequo col debutto di Tarkovskij); La costanza della ragione di Pasquale Festa Campanile (1965) e Metello di Mauro Bolognini (1970).
Per non dire dell'eccellente sceneggiato tv di Franco Rossi Lo scialo (1987), tratto dal capolavoro di Pratolini: a giudizio dello scrivente, peraltro lettore dilettante, ma non solo suo (del non dimenticato amico-maestro Lino Peroni, ad esempio) degno di essere annoverato a pieno titolo tra i maggiori romanzi europei del Novecento.