Nasce a Bracciano (Roma) Delia Scala (vero nome Odette Bedogni); morirà a Livorno , all'età di 74 anni, il 15 gennaio 2004.
Attiva nel cinema da Principessina (1943, di Tullo Gramantieri) sino a Le olimpiadi dei mariti (1960, di Giorgio Bianchi) per un totale di una quarantina di film, risulta memorabile almeno in L'eroe della strada (1948, di Carlo Borghezio), Anni difficili (1958, di Luigi Zampa), Bellezze in bicicletta (1951, di Carlo Campogalliani), Roma ore 11 (1952, di Giuseppe De Santis), Il sogno di Zorro (1952, di Mario Soldati), Prima del diluvio (1965, di André Cayatte), Grisbi (1954, di Jacques Becker), per citare solo i titoli più “autoriali” ma senza dimenticare la congerie di pellicole che meglio pertengono al suo spumeggiante mondo del teatro leggero e di varietà con importanti propaggini televisive.
Come non ricordarla nella commedia musicale Giove in doppiopetto (1954, anche nel 1955 film – il primo italiano in CinemaScope! – di Daniele D'Anza), cui seguono tanti spettacoli di Garinei e Giovannini; nel teatro classico (cui approda nel 1957 con La tempesta di Shakespeare diretta da Franco Enriquez); in televisione ove esplode nel 1959-1960, accanto a Nino Manfredi e Paolo Panelli nella Canzonissima diretta da Antonello Falqui? Insomma, oltre che una persona deliziosa, più che una soubrette una show girl a tutto campo – sapeva cantare, ballare, recitare, essere se stessa – di cui andrebbe ricostruita la complessa attività.
Quanto al suo “privato”, lasciamo la parola a Maurizio Porro, uno che di quel mondo se ne intende, e al suo ricordo in morte sul Corriere della Sera: «Caso più unico che raro, a 36 anni, la soubrette, che aveva rifiutato perfino un'offerta di Broadway, disse basta: un'appendicite fulminante le aveva reso faticoso l'amato-odiato teatro, svenne in scena e si ritirò, dedicandosi alla sua privacy rimasta in secondo piano. “Non avevo il sacro fuoco dell'arte, il successo era stato merito più che altro di mia madre, che mi aveva fatto scritturare bimba in un'opera di Leoncavallo con Gigli alla Scala. Questa la ragione del mio nome.” [...] Nel ' 67 era nata un' altra Delia, una donna forte che vinse con serenità il tumore al seno (“fui operata coi fotoreporter sotto il letto”) e lo raccontò, per prima, con coraggio, invitando le donne alla prevenzione. Accettò rassegnata i casi della vita, la scomparsa di due mariti, così come, nel ' 57 seppe, nell'intervallo dello spettacolo, della morte del fidanzato Eugenio Castellotti, corridore di Formula 1, tornando ugualmente in scena, con le lacrime agli occhi. [...] L'anno dopo aver lasciato il teatro, nel ' 67, Delia Scala sposò a Viareggio Piero Giannotti, l'uomo che aveva saputo aspettarla per tutta la vita fuori dall'uscita degli artisti. Garinei e Giovannini, orfani inconsolabili della loro soubrette preferita, le regalarono le locandine incorniciate di tutti i suoi spettacoli, più una simbolica in bianco, sempre valida, mai riempita. Dopo la morte, nel 1982, in un incidente, del secondo marito (un primo matrimonio lampo era stato con l' ufficiale greco Niki Melitsanos, sedotto e abbandonato nel '46), ecco un terzo, l'armatore Arturo Fremura, che le portò in dote quattro figli, la amò dolcemente e fece trasferire “my fair Delia” in una villa a Livorno, dove visse isolata fino a ieri senza album di ritagli, solo invasa dai suoi ricordi».
E sembra già un romanzo.