Quando, agli occhi di Gino, compare seduta sul tavolo della locanda agitando le belle gambe ignude sotto la vestaglietta scollata mentre canticchia Fior di margherita, è un comune sussulto, e così ricorderemo per sempre la Giovanna Bragana di Ossessione (1943, di Visconti) ovvero Clara Calamai. Ma ricorderemo anche la sua ultima apparizione a sorpresa: il curioso omaggio che le rende Dario Argento in Profondo rosso (1975), ove il personaggio dell'assassina rievoca, attraverso le foto della stessa Calamai, la svanita bellezza di un'attrice. Dopo di che è il silenzio. Spiritosa e autoironica, il 21 settembre 1998 muore come ha vissuto negli ultimi quarant'anni: senza disturbare. E ai funerali, svoltisi a Rimini, nessuno del mondo dello spettacolo si disturba.
Nata a Prato il 7 settembre 1909 (e non 1915 come riportano molti dizionari), è attiva inizialmente in film storici (Ettore Fieramosca, 1938, di Blasetti; Pietro Micca, 1938, di Vergano, La cena delle beffe, 1941, ancora di Blasetti, ove mostra, secondo i giornali dell'epoca, «i doni della sua avvenenza», ovvero un seno nudo sin troppo mitizzato), dà forse il meglio di sé con Poggioli (Addio giovinezza!, 1940; Le sorelle Materassi, 1942) prima di legare il proprio nome al personaggio della Bragana, indimenticabile per incisività drammatica e insieme naturalezza “neorealistica”.
Una dark lady ante litteram, una donna che nell'amore come nel delitto prende l'iniziativa contrariamente a tutti i tabù dell'epoca, una bellezza ignorata e volutamente trasandata, come vuole il suo regista in un empito di misoginia. Dopo di che nessun ruolo potrebbe più reggere il confronto. Nel dopoguerra, infatti, la si ricorda appena in L'adultera (1946, di Coletti, oggi purtroppo perduto), che le frutta un Nastro d'argento, e in Il tiranno di Padova (1947, di Neufeld), ove si contrappone a un'altra diva del passato, Elsa de' Giorgi. Ma sarà ancora Visconti, per il quale nutre un amore impossibile, il solo a saper ridarle la notorietà con Le notti bianche (1957) e La strega bruciata viva (episodio de Le streghe, 1967).
In morte, può capitare che la si ricordi maggiormente per quella sopravvalutata scena osée, che per il resto. Così, sul Corriere della Sera, Tullio Kezich: «Quando, nel '41, uscì a Trieste La cena delle beffe di Alessandro Blasetti, si sparse la voce che Clara Calamai vi compariva a seno nudo. A quell'epoca io non avevo l'età per accedere a un film vietato ai minori, sicché il sabato, dopo l'adunata, presi ad aggirarmi incerto intorno al cinema Excelsior. Finalmente un altro balilla, che stava con me, prese una decisione ardita e con il temperino forzò una delle uscite. Ci infilammo nel buio della sala, guarda caso, proprio nel momento in cui Amedeo Nazzari si apprestava a strappare il vestito alla bella Clara, sotto lo sguardo torbido di Osvaldo Valenti. Ma arrivò prima un altro duplice strappo, che privò me e il mio compagno dei rispettivi fez, mentre una voce dietro a noi ringhiava: "Venite con me!" Seguimmo la maschera che aveva ghermito i nostri copricapi, timorosi di chissà quali castighi, e invece ci fecero soltanto pagare il biglietto, senza tener conto dell'età, e così rientrammo a seguire la proiezione. Se la scena del nudo era passata, poco male: il film ce lo vedemmo due volte».
Questione di gusti.